Come siamo arrivati al punto in cui siamo?
Purtroppo il nuovo virus SARS-CoV-2 è il solo colpevole dell’attuale confinamento delle persone in casa e del blocco di molte attività economiche. Non è e non sarà forse il solo microrganismo a produrre effetti deleteri. Sappiamo infatti che periodicamente il mondo viene invaso da nuovi virus che fanno danni enormi, non essendo già noti al sistema immunocompetente umano.
Lo sappiamo in maniera più definita da almeno 23 anni, cioè da quando nel 1997 un virus influenzale nuovo, che mai aveva colpito gli uomini, l’H5N1, ha prima ucciso un bambino a Hong Kong e poi causato l’insorgenza di una serie di out break epidemici in estremo oriente (Cina, Indonesia, Vietnam), rivelandosi come uno dei virus più pericolosi della storia umana con un tasso di letalità arrivato al 58%.
Nel 2003 abbiamo avuto il focolaio di Coronavirus, denominato SARS. La malattia, identificata per la prima volta dal medico italiano Carlo Urbani (poi deceduto a causa della stessa), produsse un'epidemia lungo un arco temporale che andò dal novembre 2002 al luglio 2003, determinando 8.096 casi e 774 decessi in 17 Paesi (per la maggior parte nella Cina continentale e ad Hong Kong), per un tasso di letalità finale del 9,6%.
Nel 2009 si verificò la pandemia da influenza A H1N1, “detta suina”, che in quell’anno causò circa 400.000 morti nel mondo.
Nel 2012 la MERS, una nuova minaccia da parte di un inedito Coronavirus: in questo caso limitata sia geograficamente alla penisola arabica, sia nelle dimensioni epidemiche, ma in possesso di un tasso di letalità superiore al 30%!
Ora in questi primi mesi del 2020 l’umanità è stata investita da un altro Coronavirus, chiamato SARS-CoV-2, che causa una malattia, chiamata COVID-19, che in una percentuale di casi variabile fra diversi paesi e regioni ha dimostrato una letalità piuttosto elevata, almeno per quanto riguarda le fasce di età più anziane. Il virus, da quello che possiamo capire oggi, ha alta contagiosità. Gli epidemiologi definiscono la capacità di contagiare di un microrganismo con il termine R0, un indicatore di quante persone può contagiare chi è infetto. Quando R0 è superiore a uno – e in questo caso probabilmente siamo arrivati tra il 3 e il 3,5 – nel giro di un mese può succedere un disastro, perché la popolazione infetta cresce in modo esponenziale. Purtroppo questo si è realmente verificato.
La situazione epidemiologica del Paese viene seguita e monitorata dalle nostre Autorità Sanitarie minuto per minuto e comunicata secondo bollettini quotidiani della Protezione Civile. Sembra comunque che la salita dei casi nel nostro Paese si sia arrestata e che siamo in una fase di “plateau”. La spiegazione risiede plausibilmente nelle misure di distanziamento sociale e nell’isolamento domiciliare coatto dei cittadini.
Questo è il quadro che si è delineato giorno per giorno dall’inizio dell’anno agli occhi attoniti dei cittadini man a mano che la pandemia guadagnava “strada” e si faceva via via più incombente. Ora però, in coincidenza del calo della curva dei contagi, si pone il problema di ipotizzare la ripresa della vita civile e delle attività produttive e ridare speranza e lavoro ai cittadini, dato l’ormai molto lungo periodo di segregazione obbligata della popolazione.
In questo lavoro è sintetizzato lo stato delle conoscenze su questo virus. La risposta, la cosiddetta Fase 1, è stata rappresentata da una obbligatoria, ma doverosa clausura dei connazionali nelle loro case e la serrata di molte attività produttive. Ora dopo svariate settimane trascorse in questo limbo delle coscienze e del lavoro è giunto il momento di passare alla Fase 2, cioè di apprestarsi alla “ripresa”.