La Sindrome del colon irritabile (IBS: irritable bowel syndrome) rappresenta una condizione clinica molto frequente che, specie nel mondo occidentale, si verifica in circa il 20-30% della popolazione privilegiando nettamente il sesso femminile rispetto a quello maschile. Si tratta notoriamente di una serie di disturbi funzionali caratterizzati essenzialmente da una alterazione della motilità intestinale a genesi multifattoriale ancora non ben definita che vede coinvolta, in modo prevalente, una anomala e bidirezionale interazione fra cervello e intestino (ASSE BRAIN-GUT). Sul piano fisiopatologico i molteplici fattori causali inducono uno squilibrio dei tre componenti fondamentali presenti nel lume intestinale e destinati a favorire la normale attività digestiva ovvero la flora batterica, il sistema immunitario e il complesso settore dei mediatori dell’infiammazione mucosale (mast-cells, citochine, neuropeptidi vari). Tali alterazioni comportano una dismotilità intestinale associata a disfunzione della permeabilità parietale con conseguente comparsa di sintomatologia tipica della sindrome caratterizzata da dolore addominale, stipsi e/o diarrea.
La fase diagnostica della sindrome si avvale fondamentalmente dei rilievi clinico-anamnestici ben codificati nei criteri di ROMA IV stabiliti di recente da un consenso internazionale di esperti del settore. L’utilizzo di test diagnostici strumentali costosi è previsto nei casi dubbi in cui è indispensabile effettuare una diagnosi differenziale con patologia a genesi organica della sfera digestiva. Tali evenienze ricorrono prevalentemente in pazienti di età superiore ai 45-50 anni e nei casi in cui sono presenti sintomi di “allarme” quali inappetenza, dimagrimento, emorragia digestiva manifesta o occulta, familiarità positiva per tumori digestivi. Da sottolineare che in presenza di detta sintomatologia tipica non va trascurata la ricerca di altre patologie funzionali anche extradigestive nonché di condizioni di elevata frequenza quali la malattia celiaca, le intolleranze alimentari (vedi oligosaccaridi, nichel, caseina) malassorbimento di lattosio, overgrowth batterico intestinale.
Riguardo alla terapia appare imprescindibile preservare abitudini di vita e regime dietetici appropriati. Dal punto di vista farmacologico sono utili vari presidi quali psicofarmaci, antidiarroici, lassativi, probiotici, antispastici, procinetici. In casi particolari non va trascurato il ricorso a interventi di psicoterapia nell’intento di rassicurare il paziente circa la benignità della condizione malgrado l’elevata recidivanza associata talvolta a peggioramento progressivo della qualità della vita.